Gian Franco Satta, consigliere regionale dei Progressisti, interviene sul tema con una interrogazione proprio per sollecitare la Giunta Regionale sui criteri che intende adottare per garantire e facilitare l’accesso alla misura afferente l’agricoltura biologica, su quali siano le tempistiche di pubblicazione del nuovo bando e se la Regione intenda adottare un prezzario per la certificazione biologica

Il 21 giugno scorso la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera definitivo alla ripartizione delle risorse del secondo pilastro della PAC per il nuovo periodo di programmazione PAC (PSR) 2023/2027, in vigore dal 1 gennaio 2023. Nella passata programmazione le risorse stanziate a sostegno all’agricoltura biologica ammontavano a 107 milioni nel settennio, la superficie regionale totale sotto impegno ad oggi è di circa 125.000 ettari, pari al 12,7% della superficie nazionale.
In questo scenario è lecito domandarsi quale sarà il futuro del biologico in Sardegna. La nostra Regione si colloca al settimo posto tra le regioni italiane e non si conoscono i percorsi che l’Assessore all’Agricoltura intende intraprendere per stimolare il settore e farlo crescere, affinché il biologico possa rappresentare una soluzione competitiva per le aziende, eliminando alcune criticità che hanno creato nel passato non pochi problemi  alle imprese .

La Misura sull’agricoltura biologica del PSR affronta la sostenibilità delle attività agricole in modo globale dal punto di vista delle risorse naturali e produce effetti favorevoli alla biodiversità, all’acqua e al suolo. Nonostante negli ultimi anni sia incrementata la superficie totale condotta con agricoltura biologica, questo dato potrebbe essere di gran lunga superiore e soprattutto potrebbe coinvolgere un numero ben più elevato di aziende. L’intervento “Agricoltura biologica” prevede un pagamento annuale per ettaro di SAU (superficie agricola utilizzata) a favore degli agricoltori o delle associazioni di agricoltori che si impegnano volontariamente a convertire o a mantenere le superfici coltivate ad agricoltura biologica, compensando i minori ricavi o i maggiori costi dei processi produttivi collegati al rispetto dei disciplinari. Tuttavia, diverse sono le criticità che nelle ultime programmazioni hanno in parte scoraggiato molte imprese ad aderire a questa importante misura, molte di carattere burocratico che a mio avviso potrebbero essere superate con i nuovi bandi.
Ad ogni modo – conclude Satta – tutti questi aspetti critici potrebbero essere superati per facilitare e sostenere una maggiore adesione da parte delle imprese verso questa Misura che, ad oggi, consente di sfruttare migliori condizioni di mercato, garantisce maggiori opportunità di sviluppo e non da ultimo consente una produzione sostenibile che sia realmente attenta all’ambiente e ai fenomeni dovuti dai cambiamenti climatici. Per diverse coltivazioni o nella zootecnia in generale, il modello del biologico richiede investimenti, conoscenze ed esperienza il rischio di perdere intere produzioni per fitopatologie, insetti dannosi o condizioni climatiche avverse è ancora troppo alto. Save

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